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Programma Erasmus+ - Azione KA2
Partenariati Strategici settore istruzione e formazione
Invito a presentare proposte 2014 (EAC/S11/13)
Progetto n°2014-1-ITO1-KA202-002605 - CUP:G86G14000420006

 

 

Il 14 Dicembre 2016, nella prestigiosa sede di Villa Vannucchi a San Giorgio a Cremano (Napoli), si è svolta la Conferenza Finale di progetto, organizzata da ISCON

L'evento ha visto la partecipazione dei Partner italiani ed europei di progetto, di ospiti istituzionali e di un pubblico che, già come in occasione della Conferenza di lancio, ha rappresentato tutte le tipologie di destinatari previsti dal progetto.

 

 

 

La Conferenza, oltre a restituire i risultati conseguiti nei 24 mesi di attività progettuali, attraverso gli interventi svolti dai Partner, ha rappresentato anche un’occasione di riflessione rispetto alla situazione dei diritti delle persone LGBT+ nel territorio campano.

Tra le più importanti realtà che hanno partecipato all’evento vi sono state:

  • l’Associazione Italiana Formatori
  • Italia Lavoro
  • Arcigay Napoli
  • Osservatorio LGBT Napoli

Dopo i saluti iniziali di Maurizio Turrà, Presidente di ISCON, il primo intervento è stato quello di Valeria di Giorgio portavoce del sindaco Giorgio Zinno, la quale ha sottolineato l’importanza di aver scelto come luogo della Conferenza Villa Vannucchi, splendido gioiello del Miglio d’Oro, dove lo scorso settembre è stata celebrata da Monica Cirinnà l’unione civile del primo cittadino sangiorgese e del suo compagno.

Il confronto poi è continuato con Isabella Bonfiglio, Consigliera di parità della Città Metropolitana di Napoli. Nel suo intervento, la Consigliera ha ricordato che «l’accesso al lavoro, soprattutto nel caso delle persone transessuali, è completamento negato; di conseguenza, come unica alternativa spesso rimane la prostituzione». La realtà aziendale sul tema dell’inclusione e del benessere dei suoi lavoratori LGBT+ ha ancora molta strada da fare. Esistono alcuni esempi positivi, “fiori all’occhiello” in tema di diritti come IKEA, che tuttavia dietro la “facciata” lasciano trasparire dinamiche non realmente paritarie: «In alcuni casi, lavoratrici in ritorno dalla maternità – ha continuato la Bonfiglio – sono state punite e trasferite da altri reparti in cucina».

Nel suo intervento, poi, Alessandra Antinori del CIRSES ha sintetizzato il senso del progetto Diversities@Work: «Serve una forte azione di formazione su questi temi nelle aziende per potenziare le capacità degli addetti alle risorse umane di intervenire sugli episodi di discriminazione e creare un clima positivo».

Gli organigrammi delle aziende italiane, nonostante la legge contro i licenziamenti discriminatori, sono ancora intrisi di omofobia e transfobia. Secondo Federica Paragona del CIRSES «Le grandi imprese hanno facciate esterne che valorizzano la presenza di lavoratori LGBT+ e poi al loro interno questi temi sono assenti». Come assente è il momento relazionale «il confronto – ha continuato Federica Paragona – è un momento fondamentale in cui si impara a relazionarsi con persone che vivono esperienze diverse e la pensano diversamente»; in tal senso i formatori aziendali dovrebbero avere un ruolo di mediatori per «cambiare la cultura organizzativa e far emergere, attraverso un lavoro di consapevolezza, gli stereotipi e i pregiudizi».

Monica Buonanno, delegata di Italia Lavoro, invece, ha espresso le sue perplessità sulle modalità di gestione delle politiche che ancora non vengono praticate in maniera integrata: «Le politiche del lavoro se non strettamente affiancate da quelle sociali, rischiano di essere pura matematica». Infatti anche misure come Garanzia Giovani, che pur dovrebbero garantire un accesso paritario al lavoro, «presentano grosse difficoltà ad inserire persone transessuali». «Povertà educativa e povertà di relazione – ha continuato Buonanno – impediscono alle aziende di affrontare le diversità».

«Un lavoratore omosessuale quando comincia un nuovo lavoro» in termini di difficoltà «parte da meno 5 rispetto agli altri poiché deve controllarsi due volte, pesare tutto quel che dice e il modo in cui si pone». questo è quanto sostenuto da Fulvio Sperduto dell’Associazione Italiana Formatori. Capita ancora molto spesso che anche in grandi aziende un lavoratore venga deriso dai colleghi e superiori per la propria omosessualità ed è per questo motivo che è indispensabile introdurre una figura mediatrice già ampiamente utilizzata nelle altre realtà aziendali europee: il Diversity Manager. Tuttavia, ha concluso il delegato AIF, «In Italia il Diversity Manager ancora non è implementato».

Nella fase finale dell’evento sono state presentate le testimonianze di chi vive direttamente sulla propria pelle le discriminazioni. Nel confermare gli evidenti limiti che le nostre aziende ancora mostrano nella gestione della diversità delle proprie risorse, Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli, ha mostrato la sua preoccupazione per lo stato attuale delle cose: «Napoli presenta il più grande bacino di transessualità in Europa; molte persone transessuali finiscono nelle reti della criminalità organizzata perché vengono subito discriminate per il loro aspetto e non riescono ad accedere a nessun lavoro».

«Anche per gli omosessuali – ha continuato Sannino – ci sono difficoltà: basti pensare che se si organizza una cena di lavoro non sempre c’è la libertà di farsi accompagnare dal proprio partner come avviene per una persona etero». Quasi la metà dei lavoratori LGBT, infatti, non è “visibile” tra colleghi a causa del clima poco friendly che domina nelle aziende.

In questa situazione difficile, ha invece ricordato Daniela Falanga, delegata transessuale di Arcigay, «il rischio è che il mondo del lavoro perda tanti professionisti LGBT a causa dei pregiudizi ed è per questo che il personale delle aziende deve essere formato per accoglierli». 

La conferenza si è conclusa con le parole di Fabio Caruso, giovane attivista transitato da un corpo femminile ad uno maschile, che ha evidenziato tutta la drammaticità di chi, da transessuale, si approccia al mondo del lavoro: «Finora sono riuscito ad accedere solo a Garanzia Giovani. Quando ho mandato la mia candidatura per altri lavori, molti mi hanno fatto notare la mia condizione. Il loro atteggiamento esprimeva chiaramente il loro giudizio per il mio aspetto maschile discordante dal nome sui documenti ancora femminile. Le aziende discriminano e intanto non facciamo esperienza. Il risultato è che ora sono doppiamente discriminato perché adesso per il mondo del lavoro a 27 anni non ho un curriculum sufficiente per essere inserito».